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Conte: "Se tutto va bene, prime dosi di vaccino a inizio dicembre"

21.10.2020 17:45


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Attesi per fine ottobre i risultati del vaccino di Oxford e Astra Zeneca. A novembre arriveranno i dati di Pfizer e Moderna. La produzione in alcune fabbriche è già partita. In Gran Bretagna intanto si partirà con lo Human Challenge: la somministrazione del coronavirus ad alcuni volontari sani per controllare l'efficacia dell'immunizzazione. La produzione mondiale dei vaccini per altre malattie rischierà di non bastare

Non manca molto. La conclusione della sperimentazione del vaccino di Oxford è prevista per fine ottobre. Il premier italiano Giuseppe Conte oggi ha annunciato: "Se le ultime fasi di preparazione, il cosiddetto 'rolling review', del vaccino Oxford-Irbm Pomezia-Astrazeneca saranno completate nelle prossime settimane, le prime dosi saranno disponibili all'inizio di dicembre". Un altro candidato affidabile (quello dell'azienda americana Moderna) pubblicherà i risultati dei test entro novembre. Una manciata di impianti nel mondo, ancor prima della fine dei trial, hanno già iniziato la produzione delle prime dosi, fra cui l'enorme hub indiano del Serum Institute, capace di produrre già nei prossimi mesi un miliardo di dosi del vaccino di Oxford. L'agenzia che regola i farmaci in Europa (Ema) è partita intanto con la revisione dei dati, sia del candidato di Oxford, prodotto dall'azienda anglo-svedese Astra Zeneca con la collaborazione della biotech di Pomezia Irbm, sia del vaccino di BioNTech e Pfizer, che hanno annunciato le prime dosi per la fine dell'anno. In Italia la ditta Catalent di Anagni, che si occuperà dell'infialamento del vaccino di Oxford per tutta Europa, è al lavoro per garantire presto le prime confezioni.

"Già all'inizio di dicembre avremo i primi due o tre milioni di dosi" ha spiegato Conte. "Altri milioni ci arriveranno subito dopo. La Commissione europea ha commissionato ad Astra Zeneca e ad altre società alcune centinaia di milioni di dosi. Penso che per contenere completamente la pandemia dovremo aspettare comunque la prossima primavera". Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva indicato in operatori sanitari, forze dell'ordine e anziani nelle Rsa le categorie da vaccinare prima, perché più esposte al contagio. Arrivare a coprire tutta la popolazione, poi, sarà un lavoro che richiederà mesi o anni. Anche perché l'immunità del vaccino comincia circa un mese dopo l'inoculazione e la maggior parte dei vaccini allo studio (Oxford incluso) prevede un richiamo uno o due mesi dopo la prima dose. Secondo Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di  microbiologia dell'università di Padova, "Non penso che se ne parli prima del 2022. Solo allora tutti potranno avere accesso a un vaccino che funzioni". Uno dei dubbi più importanti del vaccino è quanto sarà duratura la sua protezione. Il timore è che non si vada oltre uno o due anni. In questo caso, terminata l'immunizzazione di tutta la popolazione, sarà già tempo di ripartire da capo.

La Gran Bretagna intanto ha autorizzato un cosiddetto "Human Challenge". Ieri ha annunciato che testerà prima il vaccino su alcuni volontari, poi li sottoporrà a un contagio intenzionale, iniettandogli piccole dosi di virus nel naso. In questo modo sarà possibile controllare in tempi rapidissimi l'efficacia dell'immunizzazione. Si tratta di una decisione controversa, perché ammette la possibilità di far ammalare persone sane, con un virus che può mettere in difficoltà anche organismi giovani. Il vantaggio è che permetterà di valutare nel giro di poche settimane l'efficacia di un vaccino.

Nelle sperimentazioni normali occorre prima somministrare il candidato vaccino a un certo numero di volontari, poi controllare la quota di contagiati in condizioni di vita normali, infine mettere a confronto questo dato con quello della popolazione non immunizzata. Se la differenza statistica è significativa (ma occorreranno mesi perché questo emerga) sarà possibile misurare l'efficacia di un vaccino. Lo Human Challenge inglese, coordinato dall'Imperial College di Londra, coinvolgerà a partire da gennaio fino a 90 volontari fra i 18 e i 30 anni, che riceveranno un'iniezione di coronavirus, in quantità minime, nelle narici, poi saranno isolati in un a struttura ad hoc, sottoposti a stretto isolamento. Sul sito americano 1DaySooner, indipendente e scollegato da iniziative ufficiali, quasi 40mila persone hanno lasciato il proprio nome e si sono dette disposte a sottoporsi allo Human Challenge.

L'azienda americana Moderna intanto - che ha messo a punto un vaccino anti Covid con un metodo pionieristico, mai usato prima, detto dell'Rna messaggero, usato anche da Pfizer e BioNTech - ha annunciato di poter distribuire le prime dosi a dicembre. "Faremo una richiesta di autorizzazione di emergenza alla Fda" ha annunciato sul Wall Street Journal il Ceo Stéphane Bancel. L'Fda è l'ente regolatorio statunitense chiamato a valutare l'efficacia e la sicurezza dei nuovi prodotti farmaceutici. I candidati vaccini allo studio sono circa trecento nel mondo, 35 nella fase uno di sperimentazione sull'uomo, 19 nella fase due e 11 nella fase tre, quella finale. "La prima analisi da parte dell'Fda - ha spiegato Bancel - avverrà probabilmente in novembre, ma è difficile dire esattamente in che settimana, perché dipende dal numero dei casi. Se invece ci vorrà di più a ottenere i risultati, il via libera potrebbe arrivare l'anno prossimo".

Entro novembre anche la Russia ha promesso la pubblicazione dei risultati sui primi 5-10mila volontari immunizzati con il suo vaccino Sputnik. La Cina, che si è detta in grado di iniziare l'immunizzazione della popolazione generale entro l'anno, procede a passo di carica con le sperimentazioni dei suoi cinque candidati arrivati ai test finali sull'uomo. Il vaccino di Sinovac viene offerto in questi giorni a tutti i residenti della città di Jiaxing. Quello del China National Biotech Group è invece somministrato gratuitamente agli studenti cinesi che vogliono andare a studiare all'estero. Il Serum Institute di Pune, in India, che normalmente produce il 60% dei vaccini del mondo, si è detto pronto a far uscire le prime dosi dai suoi impianti a dicembre. Ma questa corsa per frenare la pandemia ha un prezzo: il gigante farmaceutico indiano ha dovuto interrompere la produzione dei vaccini contro morbillo, rosolia, parotite ed epatite B. Poiché la priorità delle scarse dosi prodotte va ai paesi in via di sviluppo, a soffrire di più delle ristrettezze dovrebbero essere proprio i paesi benestanti.

FONTE: larepubblica.it

 

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