STORIA DEL DIALETTO TARANTINO / TRA MEDIOEVO E FRANCESISMI

15.10.2013 20:22


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di Aldo Simonetti

Per meglio comprendere l'assetto linguistico della parlata tarantina nel cuore del Medioevo, è necessario ricorrere a quei pochi frammenti scritti i quali, seppur facenti riferimento a varietà di volgare un po' differenti dalla nostra, costituiscono l'unico viatico per la realizzazione di questa ricerca.

In tal senso, i 'placita cassiniensia' (o 'placiti cassinesi'), risalenti alla seconda metà del IX secolo, potrebbero fornire utili indicazioni. Si tratta di quattro brevi formule testimoniali relative ad un contenzioso tra il monastero di Montecassino ed un feudatario del posto circa il possesso di alcune terre, la più celebre delle quali (quella capuana) recita così:

 

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.

 

Sebbene compaiano alcune forme genuinamente latine (come la denominazione 'Sancti Benedicti' o il pronome relativo 'que'), ci si trova al cospetto di un volgare completamente differente da quello in uso qualche secolo prima.

All'interno della formula va segnalata la presenza della congiunzione 'ko' (corrispondente al tarantino 'ca') nonché il pronome oggetto 'le' (analogamente al nostro dialetto).

Questo campioncino, contenente diciassette parole, renderebbe l'idea riguardo al mezzo orale di cui i nostri antenati si servivano per la comunicazione quotidiana. Del resto, i centri di Capua e di Cassino non distano anni luce da Taranto: pertanto, diversi sono i fenomeni linguistici comuni alle due aree, nella fattispecie al comprensorio campano-laziale e al nostro hinterland.

Più vicina alla nostra realtà, dal punto di vista spaziale e temporale, è la testimonianza offertaci niente pò pò di meno che da Dante Alighieri. Nel suo 'De vulgari eloquentia' (precisamente, nel capitolo XII del Libro I), trattato composto all' alba del Trecento, il Sommo Poeta, incappando in una misera caduta di stile mediante un anatema da leghista 'ante litteram', definisce gli Apuli 'popolo che parla turpemente' e 'barbarizza' (attraverso la sgraziata forma verbale 'barbarizant'), riportandone altresì un piccolo saggio:

 

Volzera che chiangesse lo quatraro

 

Questo 'specimen', pur costituendo una cospicua palata di fango gettata sui nostri avi dall'autore della Divina Commedia al fine di legittimare l'uso del fiorentino quale lingua letteraria, offre utili informazioni sul nostro idioma a cavallo tra XIII e XIV secolo (tra tarantino e 'lingua degli Apuli' non intercorrono sostanziali differenze).

Da notare l'impiego di 'volzera' ('vorrei'), condizionale presente derivante dal piuccheperfetto latino 'volueram', e il congiuntivo 'chiangesse'. E' evidente che si tratta di una lingua oramai lontana parente del latino e molto simile a quella attualmente in uso dalle nostre parti. Ecco che il dialetto si evolve sino ad assumere sembianze a noi note.

 

A proposito di Medioevo, sarebbe opportuna qualche considerazione circa la presenza di francesisimi nel dialetto.

Come gran parte del Mezzogiorno, anche Taranto è interessata dalle grandi conquiste transalpine, dapprima con i Normanni (a partire dalla seconda metà dell'XI secolo), successivamente con gli Angioini, che della nostra città fanno la capitale di un potente principato. Quantunque queste correnti modifichino l'assetto politico e sociale al nostro territorio, non apportano tuttavia sostanziali mutamenti linguistici. Che interessano essenzialmente il lessico e, secondo avventati teorici, alcuni aspetti della pronuncia. E' da considerarsi autentica boiata l'attribuzione della mutola finale ai signori d'Oltralpe (fenomeno di età latina a loro comune, ma non ereditata).

Quanto ai termini introdotti, non è affare semplice discernere quelli giunti in età normanna da quelli assegnabili agli Angioini. Così come complessa risulta la modalità con cui detti lessemi vi penetrarono: importazione diretta o prestito dal dialetto napoletano.

Grattacapi a parte, ecco l'inventario dei francesismi maggiormente utilizzati dai parlanti della città bimare:

 

'uagnòne' ('ragazzo')

 

'avandière' ('l'altro ieri', da 'avanthier')

 

'accattàre' ('comprare', da 'acater', di origine normanna)

 

'vucciarìje' ('macelleria', da 'boucher', di origine normanna)

 

'turnìse' ('tornese','moneta' , da 'torneis', ovvero 'di Tours', città francese)

 

'sgarràre' ('sbagliare', da 'esgarer')

 

'berlòcche' ('ciondolo' da 'breloque')

 

'mèrche' ('segno', 'ferita', da 'merc', forse di origine angioina)

 

'mustàzze' ('baffi', da 'moustache').

                                                                                                 2013- Riproduzione riservata 

 


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